È stata resa poco fa, dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’attesa sentenza sulla causa C-341/22, che vedeva coinvolte una nota azienda vinicola italiana e l’Agenzia delle Entrate.
La Corte di Giustizia, chiamata a pronunciarsi a seguito del rinvio pregiudiziale della Corte di Cassazione (cfr. Cass. Civ., Sez. V, Ord. n. 16091 del 19 maggio 2022), ha sancito l’incompatibilità, con gli articoli 9 e 167 della Direttiva IVA, dell’art. 30, della Legge 23 dicembre 1994, n. 724, nella parte in cui preclude l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA assolta sugli acquisiti alle società ritenute “di comodo” o “non operative” in ragione del rapporto tra l’ammontare dei ricavi e talune attività patrimoniali. Nello specifico, la Corte ha statuito che:
L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone.
L’articolo 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle”.
Nell’ambito dell’iter argomentativo, è peraltro importante la conferma dei principi enunciati nelle cause Ferimet, C-281/20, e Eqiom e Enka, C-6/16, che il diritto alla detrazione può essere negato solo qualora i fatti invocati per dimostrare un’evasione o un abuso siano sufficientemente provati con elementi diversi da supposizioni e che, quindi, una presunzione generale di evasione o abuso non può giustificare un provvedimento che pregiudichi gli obiettivi di una Direttiva Europea. Allo stesso modo, non può essere ammesso che una presunzione – benché confutabile – determini il disconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte per motivi estranei alla constatazione di un’invocazione fraudolenta o abusiva di tale diritto.